Danilo Moi
Equalism: dissertazione su una nuova etica
Maggio 2004
Equalism: aspetti economici generali
Il cambiamento delle relazioni economiche come esito e risultato del cambiamento della concezione delle relazioni tra gli individui (etica). Il passaggio dall' "economia omogenea" all' "economia eterogenea", determinarsi di microsistemi economico-politici "modulari".
Il capovolgimento della fonte del diritto nonché la necessità di un cambiamento delle strutture istituzionali attraverso le quali il diritto prende forma costituiscono le due concettualizzazioni principali che ho tentato di sviluppare e argomentare.
Tali concettualizzazioni sono sottese da un paradigma fondamentale: la valorizzazione del soggetto, l'autodeterminazione dello stesso non solo delle sue scelte private ma anche delle relazioni con altri soggetti (comunità), quindi il passaggio dalla "generalità" alla "particolarità", il passaggio dalla democrazia rappresentativa alla democrazia assembleare: il già citato "processo deduttivo".
Tale processo si ripresenta necessariamente necessariamente nell'economia.
Per alcuni aspetti l'ambito economico è proprio l'ambito nel quale questo "processo deduttivo" è stato intuito e auspicato: il movimento antimperialista, ciò che trivialmente è detto no-global, auspica in ultima istanza proprio questa "capillarizzazione".
Non è causale quanto tale movimento sia identificato anzitutto come "critico" e "oppositore" del sistema economico costituito, solo secondariamente e di riflesso del sistema politico.
Nel discorso che sto tentando di portare avanti l'ambito economico è invece subordinato a quello giuridico e politico, a loro volta subordinati a un più generale "problema etico".
Poichè l' economia è scambio, e in quanto tale è relazione, dovrebbe apparire immediatamente quanto l'economia sia un "problema etico" (ergo giuridico)
Poichè è "un problema etico", se il ragionamento su offerto ha una qualche consistenza, deriva che anche in questo ambito è la comunità ( e in ultima istanza il soggetto) ad autodeterminare le modalità dei propri scambi economici, ed è sempre la comunità l'artefice della "canonizzazione" di tale modalità. (stesura di un sistema giuridico)
Le cose, si va sul banale, non stanno così.
Se la politica, la stesura delle leggi e l'economia sono in mano a pochi l'esito scontato è la nascita di "macrosistemi".
E' altrettanto chiaro che essendo in mano a pochi questi sistemi non possono essere "etici", non possono esserlo quand'anche "volessero", non possono esserlo per definizione; saranno controllati in maniera arbitraria, soggettiva, "morale".
Un macrosistema tende sempre all' "ingiustizia", quand'anche chi lo controlla abbia sublimi e purissime intenzioni filantropiche, quand'anche ci fosse Gesù Cristo in persona a gestirlo da solo.
Per dirla scherzosamente: dieci diavoli governano meglio di un solo angelo.
1) Dall' "economia omogenea" all' "economia eterogenea"
Nel suo "Il medioevo prossimo venturo" Roberto Vacca evidenzia quanto un sistema, sia esso tecnologico, associativo, organizzativo tenda a diventare instabile con il suo crescere.
Più i sistemi sono grandi e complessi maggiore sarà la difficoltà nel prevederne il comportamento, più i sistemi sono complessi maggiore è la probabilità che essi determinino errori; più i sistemi sono vasti maggiore è la loro correlazione con altri sistemi.
Il "malfunzionamento" di uno di essi può determinare reazioni a catena dagli effetti imprevedibili e talora catastrofici.
Il ragionamento di Roberto Vacca è ovviamente applicabile anche all'economia, non soltanto in virtù di una semplice analogia (esistono infatti sistemi economici) ma anche dalla constatazione che l'economia può essere vista, in senso generale, proprio come l'unicum che sottende le relazioni tra tutti questi sistemi.
Essa è il macrosistema per eccellenza.(E' forse in virtù di questo fatto che il movimento antimperialista nasce come critica al sistema economico)
L'economia attuale è così "relazione omogenea" tra sistemi eterogenei, ovvero l'economia è un sistema omogeneo costituito da fasi eterogenee.
Questa situazione è chiaramente assurda: un sistema omogeneo non può essere costituito da fasi eterogenee.
Questa "omogeneità" è costruita in maniera arbitraria attraverso transazioni fittizie, si costruisce così un equilibrio tanto fasullo quanto labile e devastante.
Le borse mondiali sono caos senza senso proprio in virtù di questo, è anche indubitabile che l'oscillazione dei loro indici (ovvero la misurazione di queste transazioni fittizie) abbia poi ripercussioni sulla vita dei popoli tutt'altro che fittizie e immaginarie.
I continui tracolli finanziari sono dovuti tutti, banalmente, a quest'aspetto: non c'è tracollo finanziario che non sia caratterizzato da un "collasso" dovuto al caos generato dalle continue, progressive e incontrollabili speculazioni; speculazioni, in quanto tali transazioni "fittizie".
L'economia dovrà quindi diventare "eterogenea", ovvero: si dovrà scovare il modo per renderla progressivamente autonoma dagli altri sistemi.
L'economia dovrà essere economia: semplice produzione e distribuzioni di beni, produzione e distribuzione REALE:
Non è ad esempio concepibile che il tracollo di un sistema politico determini un conseguente tracollo dell'economia di un paese (casomai sbilanciando l'economia di altre zone in maniera direttamente proporzionale alla sua influenza)
Non è giustificabile che il malgoverno di una nazione o la corruzione della sua "classe dirigente" determini un crescente e diffuso peggioramento delle sue condizioni economiche: la vita economica delle nazioni non può essere perennemente esposta al ricatto della corruzione e delle speculazioni, come non può essere perennemente immersa in una inutile e inconcepibile condizione di precarietà e incertezza.
Non è a maggior ragione concepibile che la potenza militare di una singola nazione influenzi e decida le sorti dell'economia mondiale; non è neanche giustificabile il fatto che tale economia fondi se stessa sul sistema militare, bellico e sulla sua industria.
L'economia non dovrà essere quindi un unicum generale arbitrario, essa dovrà essere "modulare" e ogni modulo dovrà costituire un microsistema economico.
2) Dal macro-sistema al micro-sistema, dalle macro-transazioni fittizie alle micro-transazioni reali.
Microsistemi economico-politici modulari.
Un sistema è modulare se è costituito da parti isomorfe tra loro "sostituibili".
In un sistema modulare l'eventuale malfunzionamento di un modulo non inficia il funzionamento generale dello stesso: il modulo "difettoso" viene sostituito e rimpiazzato; e il sistema non collassa.
In un sistema non modulare, come appunto è il sistema economico mondiale attuale, il malfunzionamento di una parte si ripercuote istantaneamente sul tutto.
Un sistema economico modulare dovrà essere costituito quindi da moduli autosufficienti.
Una idea diffusa, e pericolosa, è il pensare che la condizione economica auspicabile sia il creare produzioni intensive e specializzate di un determinato bene in una determinata zona geografica, più o meno vasta.
In questa visione ogni zona si specializza nella produzione di un numero limitato di beni producendone una grossa quantità che poi esporta importando gli altri beni necessari al fabbisogno della popolazione residente da altre zone, specializzate in altri ambiti.
Questa impostazione è globalmente diffusa ed è il motivo "teorico" principale del disastro economico in atto.
Le implicazioni e gli esiti di questa impostazione, estensione del concetto di "catena di montaggio", sono svariati e appaiono in maniera immediata, sono così banali e autoevidenti che non nego un certo imbarazzo nell' elencarli:
1) Se la zona nella quale un determinato bene è prodotto entra in crisi il bene stesso non è più disponibile o è disponibile in maniera minore: il suo costo aumenta e con il suo aumentare, in maniera direttamente proporzionale al reddito delle fasce di popolazione, tutti gli individui che prima ne fruivano vengono impossibilitati progressivamente al fruirne ulteriormente.
Non appena ciò accade, in maniera direttamente proporzionale all'importanza del bene stesso, anche le zone che ne fruivano entrano in crisi.
Nei casi estremi è la guerra, nei casi meno estremi e più comuni è il disagio sociale.
Una zona può entrare in crisi se il suo sistema politico entra in crisi, o se essa viene colpita da una catastrofe naturale, o se, non certo ultimo motivo, una nazione esterna la attacca per impadronirsi della produzione e del commercio del bene stesso.
Questo meccanismo è lampante nella produzione e nella distribuzione del bene "petrolio", ma lo stesso meccanismo si ripresenta, certamente in maniera meno evidente, nella produzione e nella distribuzione di qualsiasi bene.
2) La produzione e il commercio del bene in questione tendono ad essere monopolizzati.
3) Il monopolio conquistato viene tenuto (o anche ottenuto) con la forza, la guerra nei casi estremi, nei casi meno estremi la corruzione della classe politica e la correlata stesura e applicazione di sistemi legislativi arbitrari, o (e non è detto che queste modalità si escludano a vicenda) l'arbitrio di tipo mafioso: intimidazione o violenza nei confronti del singolo individuo.
Non esiste quindi nessuna differenza tecnica tra questo tipo di produzione e distribuzione dei beni e quello posto in atto ad esempio nella ex unione sovietica.
La prima differenza è costituita dalla portata, il primo ha portata mondiale, il secondo aveva una portata ristretta a una nazione.
La seconda, non certo sostanziale, è costituita dal fatto che nell'ex unione sovietica la divisione del lavoro e della produzione era pianificata e imposta dallo stato, mentre ora, appunto a livello planetario, la divisione del lavoro e della produzione è imposta dal sistema bancario, dal meccanismo del credito e dall'investimento mirato e massivo di capitali.
Entrambe le metodologie sono quindi caratterizzate dall'idea di "divisione del lavoro e della produzione", entrambe non tengono in considerazione il pericolo fondamentale: se una parte "determina errori", se una fase del sistema produttivo "va in panne" tutte le altre fasi accusano il colpo e l'economia tracolla.
La condizione auspicabile è costituita quindi dal determinare una situazione nella quale la produzione di un determinato bene sia dislocata in diverse aree geografiche e sia prodotta da diverse realtà non connesse tra loro politicamente, amministrativamente e finanziaramente: appunto la creazione di "moduli" economico-politici autonomi.
In tali moduli il controllo da parte delle comunità, e in ultima istanza degli individui, sui processi di produzione e scambio sarebbe l'esito naturale del controllo diretto da parte della comunità stessa della sua vita politica e giuridica.
La canonizzazione legislativa delle relazioni, comprese appunto quelle economiche, sarebbe maggiormente controllabile dalle comunità e dagli individui proprio perché tali moduli, in quanto microsistemi, non trascenderebbero la capacità d'azione e di controllo delle comunità e degli individui stessi.
Questo tipo di pratica è posta in atto oggi dalle comunità di programmatori e costituisce un aspetto fondamentale dell'etica del lavoro hacker. (vedi Equalism ed etica hacker: il sistema produttivo modulare)
Come si vedrà tale etica del lavoro è la "trasposizione" delle modalità di relazione dirette e immediate che Internet consente, in quanto tali queste modalità sono affini alle modalità di relazione che si instaurano in piccole comunità (il villaggio, la tribù) e, chiaramente, costituiscono le modalità di relazione e di scambio che l'umanità ha sempre posto in atto e che da sempre si sono rivelate come vincenti.
Tali concettualizzazioni sono sottese da un paradigma fondamentale: la valorizzazione del soggetto, l'autodeterminazione dello stesso non solo delle sue scelte private ma anche delle relazioni con altri soggetti (comunità), quindi il passaggio dalla "generalità" alla "particolarità", il passaggio dalla democrazia rappresentativa alla democrazia assembleare: il già citato "processo deduttivo".
Tale processo si ripresenta necessariamente necessariamente nell'economia.
Per alcuni aspetti l'ambito economico è proprio l'ambito nel quale questo "processo deduttivo" è stato intuito e auspicato: il movimento antimperialista, ciò che trivialmente è detto no-global, auspica in ultima istanza proprio questa "capillarizzazione".
Non è causale quanto tale movimento sia identificato anzitutto come "critico" e "oppositore" del sistema economico costituito, solo secondariamente e di riflesso del sistema politico.
Nel discorso che sto tentando di portare avanti l'ambito economico è invece subordinato a quello giuridico e politico, a loro volta subordinati a un più generale "problema etico".
Poichè l' economia è scambio, e in quanto tale è relazione, dovrebbe apparire immediatamente quanto l'economia sia un "problema etico" (ergo giuridico)
Poichè è "un problema etico", se il ragionamento su offerto ha una qualche consistenza, deriva che anche in questo ambito è la comunità ( e in ultima istanza il soggetto) ad autodeterminare le modalità dei propri scambi economici, ed è sempre la comunità l'artefice della "canonizzazione" di tale modalità. (stesura di un sistema giuridico)
Le cose, si va sul banale, non stanno così.
Se la politica, la stesura delle leggi e l'economia sono in mano a pochi l'esito scontato è la nascita di "macrosistemi".
E' altrettanto chiaro che essendo in mano a pochi questi sistemi non possono essere "etici", non possono esserlo quand'anche "volessero", non possono esserlo per definizione; saranno controllati in maniera arbitraria, soggettiva, "morale".
Un macrosistema tende sempre all' "ingiustizia", quand'anche chi lo controlla abbia sublimi e purissime intenzioni filantropiche, quand'anche ci fosse Gesù Cristo in persona a gestirlo da solo.
Per dirla scherzosamente: dieci diavoli governano meglio di un solo angelo.
1) Dall' "economia omogenea" all' "economia eterogenea"
Nel suo "Il medioevo prossimo venturo" Roberto Vacca evidenzia quanto un sistema, sia esso tecnologico, associativo, organizzativo tenda a diventare instabile con il suo crescere.
Più i sistemi sono grandi e complessi maggiore sarà la difficoltà nel prevederne il comportamento, più i sistemi sono complessi maggiore è la probabilità che essi determinino errori; più i sistemi sono vasti maggiore è la loro correlazione con altri sistemi.
Il "malfunzionamento" di uno di essi può determinare reazioni a catena dagli effetti imprevedibili e talora catastrofici.
Il ragionamento di Roberto Vacca è ovviamente applicabile anche all'economia, non soltanto in virtù di una semplice analogia (esistono infatti sistemi economici) ma anche dalla constatazione che l'economia può essere vista, in senso generale, proprio come l'unicum che sottende le relazioni tra tutti questi sistemi.
Essa è il macrosistema per eccellenza.(E' forse in virtù di questo fatto che il movimento antimperialista nasce come critica al sistema economico)
L'economia attuale è così "relazione omogenea" tra sistemi eterogenei, ovvero l'economia è un sistema omogeneo costituito da fasi eterogenee.
Questa situazione è chiaramente assurda: un sistema omogeneo non può essere costituito da fasi eterogenee.
Questa "omogeneità" è costruita in maniera arbitraria attraverso transazioni fittizie, si costruisce così un equilibrio tanto fasullo quanto labile e devastante.
Le borse mondiali sono caos senza senso proprio in virtù di questo, è anche indubitabile che l'oscillazione dei loro indici (ovvero la misurazione di queste transazioni fittizie) abbia poi ripercussioni sulla vita dei popoli tutt'altro che fittizie e immaginarie.
I continui tracolli finanziari sono dovuti tutti, banalmente, a quest'aspetto: non c'è tracollo finanziario che non sia caratterizzato da un "collasso" dovuto al caos generato dalle continue, progressive e incontrollabili speculazioni; speculazioni, in quanto tali transazioni "fittizie".
L'economia dovrà quindi diventare "eterogenea", ovvero: si dovrà scovare il modo per renderla progressivamente autonoma dagli altri sistemi.
L'economia dovrà essere economia: semplice produzione e distribuzioni di beni, produzione e distribuzione REALE:
Non è ad esempio concepibile che il tracollo di un sistema politico determini un conseguente tracollo dell'economia di un paese (casomai sbilanciando l'economia di altre zone in maniera direttamente proporzionale alla sua influenza)
Non è giustificabile che il malgoverno di una nazione o la corruzione della sua "classe dirigente" determini un crescente e diffuso peggioramento delle sue condizioni economiche: la vita economica delle nazioni non può essere perennemente esposta al ricatto della corruzione e delle speculazioni, come non può essere perennemente immersa in una inutile e inconcepibile condizione di precarietà e incertezza.
Non è a maggior ragione concepibile che la potenza militare di una singola nazione influenzi e decida le sorti dell'economia mondiale; non è neanche giustificabile il fatto che tale economia fondi se stessa sul sistema militare, bellico e sulla sua industria.
L'economia non dovrà essere quindi un unicum generale arbitrario, essa dovrà essere "modulare" e ogni modulo dovrà costituire un microsistema economico.
2) Dal macro-sistema al micro-sistema, dalle macro-transazioni fittizie alle micro-transazioni reali.
Microsistemi economico-politici modulari.
Un sistema è modulare se è costituito da parti isomorfe tra loro "sostituibili".
In un sistema modulare l'eventuale malfunzionamento di un modulo non inficia il funzionamento generale dello stesso: il modulo "difettoso" viene sostituito e rimpiazzato; e il sistema non collassa.
In un sistema non modulare, come appunto è il sistema economico mondiale attuale, il malfunzionamento di una parte si ripercuote istantaneamente sul tutto.
Un sistema economico modulare dovrà essere costituito quindi da moduli autosufficienti.
Una idea diffusa, e pericolosa, è il pensare che la condizione economica auspicabile sia il creare produzioni intensive e specializzate di un determinato bene in una determinata zona geografica, più o meno vasta.
In questa visione ogni zona si specializza nella produzione di un numero limitato di beni producendone una grossa quantità che poi esporta importando gli altri beni necessari al fabbisogno della popolazione residente da altre zone, specializzate in altri ambiti.
Questa impostazione è globalmente diffusa ed è il motivo "teorico" principale del disastro economico in atto.
Le implicazioni e gli esiti di questa impostazione, estensione del concetto di "catena di montaggio", sono svariati e appaiono in maniera immediata, sono così banali e autoevidenti che non nego un certo imbarazzo nell' elencarli:
1) Se la zona nella quale un determinato bene è prodotto entra in crisi il bene stesso non è più disponibile o è disponibile in maniera minore: il suo costo aumenta e con il suo aumentare, in maniera direttamente proporzionale al reddito delle fasce di popolazione, tutti gli individui che prima ne fruivano vengono impossibilitati progressivamente al fruirne ulteriormente.
Non appena ciò accade, in maniera direttamente proporzionale all'importanza del bene stesso, anche le zone che ne fruivano entrano in crisi.
Nei casi estremi è la guerra, nei casi meno estremi e più comuni è il disagio sociale.
Una zona può entrare in crisi se il suo sistema politico entra in crisi, o se essa viene colpita da una catastrofe naturale, o se, non certo ultimo motivo, una nazione esterna la attacca per impadronirsi della produzione e del commercio del bene stesso.
Questo meccanismo è lampante nella produzione e nella distribuzione del bene "petrolio", ma lo stesso meccanismo si ripresenta, certamente in maniera meno evidente, nella produzione e nella distribuzione di qualsiasi bene.
2) La produzione e il commercio del bene in questione tendono ad essere monopolizzati.
3) Il monopolio conquistato viene tenuto (o anche ottenuto) con la forza, la guerra nei casi estremi, nei casi meno estremi la corruzione della classe politica e la correlata stesura e applicazione di sistemi legislativi arbitrari, o (e non è detto che queste modalità si escludano a vicenda) l'arbitrio di tipo mafioso: intimidazione o violenza nei confronti del singolo individuo.
Non esiste quindi nessuna differenza tecnica tra questo tipo di produzione e distribuzione dei beni e quello posto in atto ad esempio nella ex unione sovietica.
La prima differenza è costituita dalla portata, il primo ha portata mondiale, il secondo aveva una portata ristretta a una nazione.
La seconda, non certo sostanziale, è costituita dal fatto che nell'ex unione sovietica la divisione del lavoro e della produzione era pianificata e imposta dallo stato, mentre ora, appunto a livello planetario, la divisione del lavoro e della produzione è imposta dal sistema bancario, dal meccanismo del credito e dall'investimento mirato e massivo di capitali.
Entrambe le metodologie sono quindi caratterizzate dall'idea di "divisione del lavoro e della produzione", entrambe non tengono in considerazione il pericolo fondamentale: se una parte "determina errori", se una fase del sistema produttivo "va in panne" tutte le altre fasi accusano il colpo e l'economia tracolla.
La condizione auspicabile è costituita quindi dal determinare una situazione nella quale la produzione di un determinato bene sia dislocata in diverse aree geografiche e sia prodotta da diverse realtà non connesse tra loro politicamente, amministrativamente e finanziaramente: appunto la creazione di "moduli" economico-politici autonomi.
In tali moduli il controllo da parte delle comunità, e in ultima istanza degli individui, sui processi di produzione e scambio sarebbe l'esito naturale del controllo diretto da parte della comunità stessa della sua vita politica e giuridica.
La canonizzazione legislativa delle relazioni, comprese appunto quelle economiche, sarebbe maggiormente controllabile dalle comunità e dagli individui proprio perché tali moduli, in quanto microsistemi, non trascenderebbero la capacità d'azione e di controllo delle comunità e degli individui stessi.
Questo tipo di pratica è posta in atto oggi dalle comunità di programmatori e costituisce un aspetto fondamentale dell'etica del lavoro hacker. (vedi Equalism ed etica hacker: il sistema produttivo modulare)
Come si vedrà tale etica del lavoro è la "trasposizione" delle modalità di relazione dirette e immediate che Internet consente, in quanto tali queste modalità sono affini alle modalità di relazione che si instaurano in piccole comunità (il villaggio, la tribù) e, chiaramente, costituiscono le modalità di relazione e di scambio che l'umanità ha sempre posto in atto e che da sempre si sono rivelate come vincenti.