Concettualizzazione-Asserzione-Segno
Tripartizione del processo conoscitivo negli ambiti: concettuale, assertivo, segnico
Ho più volte utilizzato la definizione concettualizzazione, la ho anche distinta dalle definizione asserzione.
Con concettualizzazione intendo ciò che può essere descritto da una asserzione.
Una concettualizzazione può essere espressa in un'infinità di modi, può essere predicata da un'infinità di asserzioni: non perde con questo la sua natura di univocità e "oggettività".
Una concettualizzazione è il "noumeno", ciò che è pensato, l'asserzione è il "fenomeno": ciò dal quale il primo non può trascendere per essere comunicato.
A sua volta l'asserzione si manifesta nel "segno", esso è "fenomeno" dell'asserzione, e a sua volta l'asserzione non può trascendere dal segno per essere comunicata.
Una concettualizzazione si manifesterà sempre in una asserzione, e in un segno, questo manifestarsi sarà sempre soggettivo relativo e contingente: questo "manifestarsi relativo e contingente" non inficia l'assolutezza e l'univocità della concettualizzazione stessa.
La stessa idea di segno è una concettualizzazione, posso esprimere il "concetto" in un’infinità di modi e in un'infinità di linguaggi: ma la concettualizzazione espressa dall'asserzione "segno" individuata in questo caso dal segno "segno" sarà sempre la stessa, sarà una e una soltanto.
Un esempio più banale: l'asserzione "sedia", in seno al linguaggio "lingua italiana" individua la concettualizzazione che anche l'asserzione "l'oggetto che l'essere umano utilizza per sedersi", sempre in seno allo stesso linguaggio, individua.
Posso esprimere la stessa concettualizzazione in altri linguaggi, e cambieranno le asserzioni, come cambieranno i segni, ma la concettualizzazione sarà una e una soltanto: appunto "l'idea di sedia".
Questa tripartizione è indubbiamente in debito con la concezione di sostanza in Spinoza.
Al pari della sostanza Spinoziana la concettualizzazione è unica, essa può però manifestarsi in infiniti modi, in infinite asserzioni.
Questa distinzione non è qui casuale.
Un sistema etico è un sistema di concettualizzazioni, tali concettualizzazioni individuano le relazioni tra individui.
Una concettualizzazione in questo caso è l'esito della comprensione e della coscienza di un soggetto che la individua.
Nella trasposizione da sistema etico a sistema legislativo ciò che si traspone è la concettualizzazione: soltanto ponendo questa tripartizione è possibile individuare una metodologia oggettiva utile a tale fine.
Senza questa tripartizione non sarebbe possibile la stessa traduzione di un sistema legislativo da una lingua in un altra lingua.
Questa tripartizione è infatti implicita nel processo della traduzione in senso generale, ciò che si traduce è la concettualizzazione, non certo l'asserzione ne tantomeno il segno.
Non è casuale quanto il processo di traduzione implichi una comprensione del soggetto che traduce (anche in questo caso è quindi implicata una "coscienza e una intenzione; sebbene in una accezione diversa dalla "coscienza e intenzione" dell'azione etica) e non è casuale che i sistemi di traduzione computerizzata falliscano, continuino a fallire e continueranno a farlo inesorabilmente.
Ciò accade perché tali sistemi traducono asserzioni e non concettualizzazioni, non possono tradurre concettualizzazioni perché non sono coscienti.
La comprensione al pari della coscienza è indefinibile.
Possiamo studiare i modi tramite i quali la comprensione e la coscienza si manifestano, possiamo anche comprenderli e descriverli in maniera molto dettagliata, ma non potremo mai capire e conoscere del tutto la comprensione e la coscienza stesse: tale processo infatti implica una coscienza e una comprensione preliminari.

Applicazione di questa tripartizione alla prova di Alan Turing
La celebre prova di Turing, un computer è in teoria cosciente se le asserzioni che esso offre sono indistinguibili da quelle che potrebbe offrire un soggetto umano, non soltanto esclude la possibilità che esistano forme di coscienza dissimili da quella umana (e il fatto che esistano è innegabile, a meno che non si veda il problema come lo vedeva Cartesio) ma può essere appunto rettificata con questa distinzione.
Potremo vagliare l'eventuale autocoscienza di una macchina (e questa coscienza sarà intrascendibilmente dissimile da quella umana) quando una macchina riuscirà a parafrasare l'espressione poetica.
Poiché l'espressione poetica ,definita sbrigativamente, è tale perché ad una singola asserzione possono corrispondere più concettualizzazioni: se il computer in questione riuscirà ad individuarle e ad esprimerle in altre asserzioni un serio dubbio sulla sua autocoscienza dovrà essere posto.
La traduzione "corretta" di asserzioni o l'output di asserzioni indistinguibili da quelle umane da parte del computer in questione non pone infatti il problema della coscienza del computer stesso, pone il problema della limitatezza del soggetto umano nel concepire e comprendere l'eventuale differenza tra un suo simile e una macchina.
Nell'eventualità che quel computer sia autocosciente il suo modo di intendere la poesia stessa sarà poi indubbiamente dissimile dal nostro: perciò si può affermare che quel computer sarà cosciente quando noi esseri umani non capiremo più completamente ciò che vorrà dirci.