Nebbia onirica, tra rocce di calcare e lecci: è sera.
Perenne questo tramonto, ed è silenzio, ed è pace che la brezza disegna tra le fronde.
Lo spirito di un Saggio, presso un pozzo, tiene sulle ginocchia un bimbo.
Nell'acqua si nasconde il disegno dell'Eternità, del Nulla e del Tutto, Ein sof, ed il bimbo beve dalla coppa di quella Sapienza, tra le mani del Saggio.
Quel bimbo fu il mio figliolo, Lorenzo.
Padre, Spirito, Figlio.
Dal Nulla l'Essere del Logos, e il Verbo.
Mi parla quindi mio figlio: "Non temere il Nulla, babbo. La perfezione del Nulla, dal quale il Tutto scaturisce, presso il quale il Tutto ritorna, e nel quale il Tutto esiste, è Dio."
Il Saggio tocca il labbro di mio figlio, che tace.
"Quel Dio è il Dio che da carne serva, attraverso le acque, mi fece principe.
E' il Dio che mi salvò poi, me esule, presso le acque del pozzo di Jethro; è il Dio che infine, attraverso due colonne d'acqua vermiglie, rese libero il mio sangue.
A quella terra promessa, libera invero, la mia vita intera fu strumento; ma per transumana volontà e castigo mi fu rivelato anzitempo che dal Nebo su quel fine ambito non avrei posato piede: sapendolo io, ugualmente, fui Mosè.
Io amo questo bimbo, tuo figlio, come amo il mio nome, segno di una promessa, che, come per me fu, ti è stata preclusa.
E come io fui Mosè tu sei stato padre: conscio che la meta agognata non sarebbe per te giunta hai combattuto ugualmente la tua guerra.
Non comprendi gli schemi e la natura di questa preclusione ma proprio in quel lottare quella promessa è stata per te onorata."
Rispondo: "La mia ragione non vede promesse onorabili, ne' onorate, ma solo una desolazione più grande della sapienza di quel Dio.
Io ho creduto, fuor di ragione che, come fu per Abramo, mio figlio non mi sarebbe stato tolto, poichè, si dice, Clemente e Misericordioso è quel Dio.
Ma qual'è stata la clemenza e quale la misericordia per mio figlio?
Non maledico quel Dio ma spero quel Dio abbia pietà di se stesso!"
Risponde: "Ego sum cui sum.
Così parlò L'Uno e Unico, a me scalzo.
Ed ogni cosa è immagine ed emanazione di Dio, e come Dio appunto non può che essere ciò che è.
Tuo figlio non poteva quindi essere se non ciò che è stato.
Dio è necessità e la necessità è violenta, e non ha il senso della giustizia degli uomini.
Scimmie catarrine capaci di insidiare lo scranno del Giudice! Ma, il tuo nome ne è segno: solo Dio è Giudice!
E' giudice anche con quelle leggi che non volle dettarmi, ma che io conobbi per la mia mente e che scolpii su due tavole, perchè, come ha detto chi è giunto dopo dopo di me: l'unica legge è la parola di Dio, che è pensiero, noto a noi nel silenzio del nostro pensare."
E' ora il bimbo che copre il labbro del saggio.
"Babbo, in quell'ammutinamento, e non insidia, voi diventate divini.
Voi, capaci di conoscere la Giustizia, di discernere tra il bene e il male, come appunto è scritto, diventate Dei.
In questa elevazione la vostra giustizia diviene lo strumento stesso di Dio alla Sapienza, alla Bellezza, alla Forza.
Nel percorrere questa via il sangue del singolo può non giungere alla meta.
Non importò che Mosè entrasse nella terra promessa, non importò che io giungessi oltre il mio secondo anno: ciò che importa è il fine.
L'albero della vita è quel fine, e se è precluso a voi nel percorso, esso in verità è la Bellezza ultima.
Dalle radici, al fusto, ai rami, e infine alle foglie; quell'albero cresce di giorno in giorno, per vostra Sapienza.
Dal fango al cielo, dalla scimmia al Dio, per vostra Forza.
Dalla amara necessità, come nella spremitura della vite, caverete il dolce vino della possibilità e della libertà.
Ninna nanna babbo, che domani ti sia più leggero."