Su periodici, giornali e riviste è all’ordine del giorno l’argomento scuola.
Sì ci chiede soprattutto quali siano le possibili pratiche da mandare avanti per migliorare il rapporto tra docenti, genitori ed alunni.Le istituzioni scolastiche cosa possono fare per rendere efficace quel triangolo educativo costituito dai vertici genitore-alunno-docente.
Per realizzare una prassi educativa e didattica incentrata sulla crescita delle nuove generazioni, che non sia condizionata dalle frustranti aspettative delle famiglie o dalle incapacità dei docenti, cosa si può e si deve fare?
Sì ci domanda se le risorse professionali presenti a scuola debbano avere un congruo riconoscimento economico, oppure si può continuare con un tipo di politica che relega le istituzioni educative in un angolo del bilancio dello Stato?
Inoltre la scuola pubblica deve essere garantita come struttura educativa che gode in esclusiva dei finanziamenti statali, oppure questi devono andare anche a quelle private.
Serve una gestione politica lungimirante, capace di reggere per decenni come ci riuscì quella che portò alla riforma Gentile degli anni Venti- oppure si può continuare con la disinvolta irresponsabilità che ha caratterizzato le ultime e le penultime decisioni sulla scuola.
Tutti questi quesiti –pertinenti ed attuali-mi vennero posti dal genitore di una mia alunna, in occasione dei colloqui previsti dall’ordinamento scolastico.
Interrogativi ai quali è difficile dare risposte univoche, tra gli altri però me ne pose uno, sul quale voglio tentare di argomentare una soluzione.
Il genitore mi chiese:E’ possibile insegnare la filosofia e se lo è lei come sì comporta.”?
Come premessa posi la convinzione che, per me una scuola è buona se lo sono i rapporti che s’instaurano tra i docenti e gli alunni.
In altre parole buona è quella scuola dove le relazioni che si intrecciano nella prassi educativa sono buone..
Buona è quella istituzione scolastica che cerca di realizzare quanto è scritto sul frontone dell’edificio della facoltà di pedagogia di Ginevra, tale frase cosi recita:
“Discat a puero magister”.
Può essere tradotta cosi:”Il Maestro apprende dall’alunno.” Si potrebbe replicare, ma non sono gli alunni che devono imparare?. Tutto ciò è vero, ma.. quest’aforisma evidenzia quello che è il primo dovere del buon insegnante: rapportarsi in modo attento ed avveduto ai suoi alunni per capire attraverso quali modalità deve adattare le sue lezioni agli stessi.
In altre parole il docente riuscirà a realizzare una “buona scuola” se tenendo conto delle esigenze degli allievi capirà come e quando dovrà affrontare certi argomenti.
Come si vede non si tratta di un rapporto a senso unico, ma paritario, tanto più se l’umiltà dell’imparare fa parte del bagaglio del docente.
Fu proprio un maestro dell’antichità chiamato Socrate nel discutere con uno dei suoi allievi di nome Fedro a dire con parole diverse tutto questo.
Socrate cosi dice:”Così è caro Fedro……..prendendo un’anima adatta si piantino e si seminino discorsi…..capaci di venire in soccorso a chi li riceve ed a chi li ha piantati e non restino privi di frutto.”
In altre parole i discorsi del maestro nell’intrecciarsi in modo fecondo con le domande, le risposte ed i silenzi dell’allievo apportano un sicuro miglioramento sia all’uno che all’altro.
In un altro paragrafo prosegue dicendo:”…. E ritiene che nei discorsi detti nel contesto dell’insegnamento allo scopo di far imparare, ossia nei discorsi scritti nell’anima intorno al giusto, al bello e dal bene ci sia compiutezza, chiarezza e serietà,”
Socrate precisa che il Maestro è colui che assieme ai suoi discepoli scrive,non nei rotoli di pergamena, ma nell’anima incidendo nella loro più profonda interiorità con chiara limpidezza discorsi sul Bene, sul Bello e sul Vero.
Queste ultime tre parole ci portano dentro problematica riguardante l’insegnamento (possibile o meno?) della Filosofia. A tal proposito Socrate riteneva che la ricerca de Vero comportasse la compresenza di due fattori; La Ragione (Logos) e l’Amore (Eros).
In questo itinerario, che non è possibile percorrere da soli, Logos ed Eros devono reciprocamente illuminarsi ed arricchirsi.
Inoltre il progressivo avvicinamento al Vero non è una disputa sofistica, nella quale attraverso le arti ed i trabocchetti dialettici si sconfigge un avversario.
Nella ricerca filosofica non c’è uno che vince ed un altro che soccombe, essa coinvolge fraternamente due o più soggetti consapevoli della necessità di percorrere una strada comune. Questo itinerario della mente verso il Vero è irto di triboli e spine, ma se si avrà il coraggio di percorrerlo assieme ad altri allora si arriverà a cogliere la “rosa” della verità, se invece con presuntuosa arroganza si vorrà agire da soli allora lo scacco è garantito.
In altre parole la Filosofia non è praticabile né da anacoreti né da monaci votati alla vita eremitica, essa è il risultato di uno sforzo comune che coinvolge molti soggetti in un dialogo che si pone uno scopo condiviso e che si conclude con una convinzione accettata da tutti.
Insegnare comporta il dialogo. L’umile arte di ascoltare l’alunno quando parla, ma specialmente quando tace e con silenziosa attenzione rielabora quanto gli è stato proposto.
Insegnare lo ripetiamo è un’arte umile, un mestiere silenzioso e proprio per questo lo ritengo il più bello che ci sia.
Non è arte adatta a chi vuole salire in cattedra,- Socrate non aveva nessuna cattedra, ma proponeva un metodo-, quello dell’incontro amorevole e razionale tra maestro e discepolo.
Il maestro propone agli alunni cosa devono fare per rivolgersi verso quell’Universale ed Eterna verità che sta dentro le coscienze. I discepoli invece- e questo Socrate lo sapeva, perciò stava sempre con loro -rendono attraverso le loro domande, i loro problemi ed il loro silenzio, sempre più saggio il loro maestro.
Come ha scritto Gorge Steiner- nella rivista Micromega del mese di Agosto del 2003- noi tutti siamo ospiti della vita ci resta il compito di diventare:”Ospiti della Verità.”
Su questo il grande Ateniese sarebbe d’accordo e definirebbe il docente come colui che invita, se stesso e gli altri, a diventare inquilini ed ospiti graditi di quella grande casa Comune dove si cerca la Verità.
Questi sono tempi di odio e di faziosità, con quale arma possiamo limitare i conflitti politici, religiosi ed economici che flagellano il mondo.
Come può essere frenata la trionfale ascesa del “Dio denaro” che sta distruggendo la coscienza dell’Uomo e gli stessi equilibri naturali.
L’unica arma a nostro parere ci è offerta dall’educazione, da quel dialogo che fa crescere nel mondo il numero degli uomini di buona volontà
Di scuola, di Filosofia e del resto
Priamo Moi
2003 10
2003 10