Lamentosi, bisbetici e sempre intenti a lodare il tempo che fu, gente forte solo nelle chiacchiere riguardanti gli anni passati”
così noi non vogliamo essere anche perché per il mestiere che esercitiamo non possiamo certo praticare l’arte del menagramo, infatti tutti i santi giorni che Dio manda in Terra siamo a stretto contatto con i giovani e con le loro speranze.
Quando i miei alunni hanno letto il resoconto pubblicato il mese scorso su questo giornale, del mio viaggio “tra gli infedeli”, restarono meravigliati a proposito della scarsità di libere elezioni nei paesi musulmani. Alcuni giorni dopo leggemmo sui giornali che in Marocco il 27 settembre 2002 sono stati eletti i 325 membri della Camera dei Rappresentati del Popolo, e grazie ad un accordo tra i partiti, una quota pari al 10% degli eletti è stata riservata alle donne. Il nuovo sovrano, salito al trono nel 1999, vuole così porre le basi per la creazione di uno stato democratico nel quale le donne possano avere la loro parte. Tenuto conto che parliamo di un Paese islamico, dove una percentuale altissima di donne è analfabeta, questo è un buon segno. Assieme ai miei alunni ho cercato di capire la diversità esistente fra due mondi ma anche la vicinanza fra due culture così strettamente dipendenti l’una dall’altra, in vista della possibile realizzazione di una futura convivenza basata su di una pace giusta. L’esperienza di questo viaggio ha creato in me la convinzione che il mondo islamico non è fatto solo da fondamentalisti o da militari torturatori al potere e da kamikaze pronti ad assassinare se stessi e gli altri; il mondo musulmano è costituito da popoli, da esseri umani che – nonostante i torturatori e gli assassini al potere – riescono a vivere la vita di ogni giorno e a produrre cose egregie sia dal punto di vista culturale che umano. Qualcuno definì tempo fa il mondo islamico “inferiore” se paragonato al nostro mondo occidentale. Mi sono permesso di dire, a me stesso e ai miei alunni che simili definizioni rendono inferiore solo chi le proclama, anche perché la storia ci mostra solo culture diverse, più o meno capaci di fondersi e di rapportarsi con le altre, più o meno capaci di asservire le altre ma non ci ha mai posto davanti un esempio, dico uno, di cultura o modo di vivere che possa essere definito, da altri inferiore. Certamente se andiamo a concepire le culture come monolitiche e simili a degli insiemi tra loro non comunicanti, allora è facile proporre divisioni manichee ed è ancora più semplice parlare di presunte superiorità. Invece l’osmosi e la permeabilità fra i diversi modi di concepire il mondo è un fatto avvenuto in tutti i tempi e sotto tutte le latitudini, sono proprio le affinità tra gli umani a prevalere ( speriamo ) sulle pur notevoli e necessarie diversità. Fu proprio uno storico di cultura islamica ad adoperare per primo questo concetto di “affinità”. Ibin Khaldun, nacque a Tunisi nel 1332 da una famiglia Andalusa, fu sicuramente un grande storico e sociologo che riteniamo possa reggere il confronto con il nostro Machiavelli. Scrisse un’opera dal titolo:” Libro degli esempi istruttivi” dove si parla delle relazioni tra i popoli arabo, persiano e berbero. Il concetto guida di questa opera è quello di “affinità” vista come un insieme di vincoli, di fede, di cultura, e di sangue, capace di condizionare gli avvenimenti umani. La storia per Khaldun è il luogo dove gli elementi climatici, i dati economici, le affinità socio culturali costituiscono i fili di una intricata matassa, che l’acume razionale dello storico deve dipanare. Questo intreccio può essere compreso solo se si è convinti che ci sono forze profonde che modellano gli eventi umani e che nessuna personalità più o meno grande e più o meno convinta di saper interpretare lo spirito dei tempi, potrà mettere in secondo piano. Secondo il punto di vista dell’intellettuale magrebino la storia è qualcosa di affascinante per la ragione umana; essa viene vista come una seria e severa maestra, una preziosa ma poco providenzialistica e compiacente insegnante; infatti essa ben poco si presta a strumentalizzazioni ideologiche volte a giustificare le tanto presunte quanto evanescenti superiorità di una cultura su l’altra. Per il Nostro la storia è uno strumento che ci fa comprendere il carattere transeunte ed effimero delle umane vicende, ma allo stesso tempo ci consente di ritrovare – sotto i molteplici cambiamenti – quel filo conduttore che unisce in una concatenazione di cause ed effetti gli avvenimenti umani. Possiamo dire perciò che Ibn Khaldun ci propone una scienza storica svincolata dalle ideologie religiose, come allora capitava tra i musulmani ed i cristiani, che tutto spiegavano attraverso la provvidenza o la volontà di “Allah”. Essa è umana perciò dagli umani comprensibile. Un secolo dopo queste cose le dirà, in un contesto diverso, Nicolò Macchiavelli, e dopo di lui le riaffermeranno pensatori della statura di Giovanni Battista Vico. Arriviamo così ai tempi moderni nei quali si sono affermate le concezioni che Khaldun – appartenente secondo alcuni ad una civiltà inferiore – aveva proposto. La sua voce trovò grosse difficoltà a farsi sentire, ma noi siamo ottimisti, e nonostante corrano brutti tempi, pensiamo che alla fine essa si farà strada anche nel mondo islamico così come si è affermata nel nostro. Tutto questo lo diciamo nella convinzione che le tenebre non prevarranno sulla Luce, su quella Luce che illumina ogni Uomo che viene in questo mondo.
Mala tempora currunt
Priamo Moi
2002 10
2002 10